Il fallimento è un’esperienza traumatica che indebolisce la persona e le sue difese
immunitarie. Chiudersi dentro di sé è l’azione meno faticosa, è ambiente protetto, la
vergogna non entra.
Il piegamento verso di sé è la prima reazione sino a diventare l’unica forma di
adattamento possibile, e gradatamente si perde l’autentico interesse di parlare con
gli altri e inizia il viaggio interno la cui durata è soggettiva e non necessariamente
drammatica e a lungo termine.
Non c’è nulla in comune con gli altri, il mondo esterno è troppo distante.
L’esterno è talmente fuori da sé che quasi diventa uno stato estero dove è possibile
entrare solo con il visto, ma non si ha voglia di chiederlo, meglio rimanere in quel
vuoto che ben si conosce. Quel vuoto è anche il suo contrario, un pieno di ricordi,
desideri muti, ricchezza di pensieri, una vita diversa dagli altri ma non per questo di
minore qualità, ma incompresa.
Il fallimento impedisce però di aprire la porta al respiro, ad innamorarsi
nuovamente o per la prima volta dell’oggetto del fallimento, sia esso un amore, una
famiglia, un lavoro, una scommessa con se stesso. Si può aprire quella porta, se si
crede, si sente, si vede che porterà a nuova vita. Un cammino per scoprire la propria
vergogna , debolezze, forza, bellezza, spazio di trasformazione per ritrovarsi con
energia nuova.